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Mauro Loy

23 OTTOBRE 2008
Oltre l'Ipermercato le nuove opportunità di sviluppo


È finita un’epoca durata oltre 30 anni, iniziata nel 1972 con il primo Carrefour a Carugate, fase storica che ha coperto la penisola con Ipermercati e Centri Commerciali. La novità ha cambiato il tessuto commerciale ed urbanistico, perché l’idea importata troppo spesso non è stata contemperata dalla dovuta attenzione alle particolarità italiane. Oggi la riflessione, il focus, è sul futuro di questa formula, e di un certo modo di fare commercio, non per sostituirlo ma per affiancare idee, percorsi, format nuovi più vicini al cliente italiano. Di sicuro la contingenza delinea scenari diversi da quelli degli anni settanta e successivi.
I consumi sono fermi, con preoccupanti recessioni in molti comparti, l’inflazione di settore è oltre la crescita. A Roma negli anni ’80, in una situazione socio economica totalmente diversa da quell’attuale, sono stati ipotizzati i Centri Commerciali “metropolitani”, che sono stati aperti solo negli ultimi anni con scenari cambiati, completamente diversi, si pensi solamente alla diversa struttura demografica del Paese e della Città, o al ritardo di realizzazione delle infrastrutture collegate.
La città vede iniziative con forte omologazione concettuale che hanno portato alla realizzazione di centri fotocopia, non luoghi, potremo dire, senza distintività. Le dimensioni di questi centri spaventano il cliente, la banalizzazione dell’offerta lo allontana e si rivolge ad altre strutture per i suoi acquisti.
La burocrazia ha ucciso lo sviluppo ed ha illuso che non ci fossero cambiamenti, il cambiamento è invece l’unica certezza nel nostro business:
Cambia il cliente: la sua capacità di spesa e la sua sensibilità
Cambiano le città: ad esempio nuovi quartieri e traffico asfissiante
Cambiano i costi: l’energia in primis, che ha intaccato in modo pesante il Conto Economico di industria e distributori.
Il mercato non cresce e, per contro, aumentano i concorrenti orizzontali e verticali, e molto spesso anche quelli anomali, che comunque “pescano” dallo stesso portafoglio!
Tutto è più complesso, tutto si svolge in tempi sempre più ristretti.
È ritornata la prossimità: vicina e conveniente.
Il piccolo supermercato, o il discount, sotto casa dove il prezzo non è sempre più alto che all’iper, consente di fare la spesa quotidiana senza costi di trasporto, perdite di tempo, inutili stoccaggi. E nel conto, il consumatore, ci mette tutto: il prezzo del prodotto è solo uno dei tanti elementi che determinano la convenienza.
La crisi ha generato “simulazioni” di comportamenti anti crisi e reazioni da parte del cliente che ha trovato in alcune formule o canali le risposte al nuovo modo di fare gli acquisti. Il discount è una di queste: è conveniente, vicino, pratico e veloce, nelle sue varie forme, è anche una risposta della distribuzione al cambiamento di scenario: in meno metri e con meno costi soddisfa il cliente. Il Retail park può essere un’altra risposta della GDO alla crisi del Centro Commerciale perché, pur perseguendo finalità simili, lascia maggior libertà di visita al cliente, con costi di impianto sostenibili per i distributori.
Attenzione però a non far confusione: non tutti i discount sono uguali, non tutti hanno fatto lo stesso percorso di avvicinamento, anche fisico, al cliente.
Così come parlare svedese non è automaticamente la risposta alle domande di convenienza e qualità del cliente: bisogna avere grandi abilità per declinare la propria formula nel nostro mercato.
Per questo formule come il Superstore mantengono prestazioni eccellenti anche in questa situazione di crisi dei consumi.
Quindi la chiave rimane ascoltare il cliente e dargli risposte corrette e coerenti.
In questa situazione la struttura economica delle aziende della distribuzione si è evoluta per creare nuovi equilibri di Conto Economico, intaccato da:
Maggior concorrenza, a parità di mercato
Maggior pressione promozionale, con “sacrifici” di margine sempre più pesanti, di cui peraltro il cliente è stanco ed a cui non “abbocca” più!
Maggiori criticità nei rapporti con l’industria, che non vuole più risolvere i problemi della GDO con anticipi di premi e sconti di cui ormai beneficeranno i nipoti del compratore interessato! La guerra tra listino (industria) e prezzi al pubblico (retail) è sempre aperta.
Tutti gli attori della distribuzione cercano, speriamo, nuove risposte alla ricerca del Margine Lordo perduto: Prodotti a Marchio, che crescono più del mercato ed hanno una quota media nazionale intorno al 13%, ma alcune catene sono già oltre il 20%.
Acquisti in filiera, per diminuire i passaggi.
Aste on line, per abbattere i costi.
Scontistica personalizzata, e legata a vere attività di co -marketing.
Il mercato ha bisogno di nuovi format strettamente connessi alla nostra tipologia urbana e sociale, i modelli importati hanno mostrato tutti i loro limiti: sono arrivati già vecchi, inseriti in contesti sociali ed urbani diversi da quelli originari, e, non ultimo in un sistema normativo – autorizzativo – come quello italiano che ha dilatato a dismisura i tempi di realizzazione.
Bisogna dare risposte - semplici- alle esigenze del cliente:
Rivisitando, rivitalizzando, forme di commercio cosiddetto “tradizionale”.
Analizzando e controllando la filiera, quella corta!
Costruendo una nuova cultura del commercio.
Attenzione però a nuove “tentazioni” esotiche: i Farmer Market negli USA hanno dietro sistemi produttivi sconfinati, noi produciamo in aree estremamente parcellizzate e con individualismi spesso insuperabili. La dimensione media delle aziende agricole USA è almeno 10 volte quella di quelle italiane!
Il cliente sta abbandonando l’iper ed ha trasformato il CC in luogo di passeggiata e non di acquisti: il c.d. turismo commerciale è la risposta di un cliente deluso e che fugge da ogni tentazione di acquisto per cercare, magari, solo un luogo per stare freschi in un afoso pomeriggio estivo.
I Centri Commerciali metropolitani romani sono giganti addormentati in attesa di una rinascita economica e dei consumi.
In attesa dobbiamo lavorare su ciò che anche oggi è, per missione, vicino al cliente, conveniente, genuino.

La proposta passa quindi per tre vie:

Prossimità
Nei nuovi quartieri il commercio deve portare vita, sicurezza, nuovo slancio al sociale, non creare strutture avulse che portano al quartiere solo traffico ed inquinamento.
Non si deve distruggere il tessuto commerciale ma lavorare per valorizzare ed armonizzare tutte le componenti del sistema, dalla GDO al mercato rionale.
Il centro città senza commercio diventa museo, le periferie dormitori vuoti e pericolosi.
Prima i luoghi di aggregazione erano semplici ed immediati (piazze, oratori, ecc.) oggi dove ci si aggrega, nei Centri Commerciali?

Mercati
Roma ha 136 mercati il 30% almeno gode di ottime posizioni e si possono rimettere in gioco.
La città ha strutture da valorizzare, come il CAR per esempio, per offrire approvvigionamenti e logistica. Filiera corta e prodotti tipici e locali sono pronti ad entrare in campo, se ben orchestrati.
Non si può più affrontare il commercio solo in termini immobiliari, ma il tema del rinnovamento dei mercati deve svilupparsi armonicamente sia in senso commerciale che urbanistico.
Dobbiamo affrontare subito cambiamenti normativi per salvaguardare un settore fondamentale per il commercio e per il consumatore, per ridare al mercato il ruolo che gli compete.

Retail Park
Il Centro Commerciale ha costi di locazione e gestione insostenibili, il retail park offre una valida alternativa, molto gradita al cliente.
È indispensabile inquadrarli correttamente dal punto di vista urbanistico per avere subito infrastrutture corrette per il cliente e la logistica.
Le infrastrutture devono essere realizzate prima delle aperture e non successivamente, è fondamentale non ripetere gli errori a cui abbiamo assistito in passato.

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