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Unica Italia

27 OTTOBRE 2011
E’ un'Italia in chiaroscuro quella che emerge da Big&Small e che ha bisogno di fare sistema per affrontare le sfide internazionali


Investire in ricerca e sviluppo, riportare l'università al suo ruolo di formazione, utilizzare i fondi strutturali. Sono alcune chiavi emerse nelle prime sessioni del convegno Big&Small 

(Ufficio Stampa/Methos) E’ in pieno corso di svolgimento “Big&Small”, convegno sul commercio e il marketing di filiera. Sul palco si succedono i relatori che tracciano un quadro dell’Italia fatto di luci e ombre. E’ il Paese della grande qualità, specie nel comparto agroalimentare, ma fatica a imporla sui grandi mercati per ragioni politico-strutturali. Crescono le piccole aziende, che si mostrano le più vive, ma faticano a fare squadra tra loro con il risultato di offrire un’immagine disgregata e frammentata. Riusciamo a collocarci ai primissimi posti per alcune eccellenze come il vino ma abbiamo perso completamente l’opportunità offerta dalla produzione dell’extravergine che poteva e doveva essere un asset vincente.“Si ha davvero la sensazione di un Paese che marcia a due velocità – commenta Mauro Loy, promotore del meeting – e dove è necessario trovare un filo conduttore. Credo che occasioni come questa di Big&Small offrano la possibilità appunto di trovare dei percorsi di operatività”.Tanti i temi trattati nelle prime sessioni del meeting. In primo luogo l’evoluzione dei consumi e del retail in questa fase di crisi. Con un nuovo tipo di consumatore, con un carrello della spesa più “frammentato” ma con una ricerca della qualità costante.Una qualità che in Italia viene garantita soprattutto dalla certificazione di garanzia – sottolinea Paolo Scrocchi, Direttore Generale dell’Associazione Italiana Allevatori – e su questo noi siamo indiscutibilmente il Paese che offre maggiori garanzie al mondo. Eppure solo pochi addetti ai lavori hanno ben chiaro cosa significhino termini come marchio di protezione e disciplinare”.Investiamo poco in comunicazione, quindi, e ancor meno in ricerca applicata e sviluppo di nuove tecnologie, settori dove occupiamo l’ultima posizione in un’ideale classifica. E stiamo purtroppo perdendo terreno anche per quanto concerne i giovani, spesso scollegati dalla realtà del Paese. Occorre che le Università smettano di essere delle monadi avulse da ogni contesto reale – ha commentato il Vice Presidente della Commissione Europea Antonio Tajanie tornino a essere dei centri di formazioni e delle incubatrici di idee e progettualità”.L’internazionalizzazione delle nostre produzioni resta un must fondamentale ma necessita non solo di idee ma anche di investimenti. “La famosa lettera presentata dal nostro governo a Bruxelles in questi giorni – precisa Valerio Valla, esperto di mercati internazionali – contiene tra le altre cose l’intenzione di sfruttare al meglio i fondi strutturali per la programmazione del periodo 2014-2020. Facciamolo e avremo risolto già una buona parte dei nostri problemi”.Per presentarsi sui mercati importanti – sottolinea Rolando Chiossi, Vice Presidente del Gruppo Italiano Vini – occorre avere i numeri. Noi, con oltre 1.300 ettari di vigneti distribuiti in 15 regioni e una produzione che sfiora i 100 milioni di bottiglie, siamo la più grande realtà del Paese eppure siamo decisamente piccoli rispetto a certi competitor stranieri. E allora la sfida va giocata essenzialmente sulla qualità”.     Ma la qualità del prodotto non basta – commenta Giovanni Di Genova del Mipaaf – altrimenti il nostro extravergine non avrebbe problemi. Spesso ci si trova a combattere con delle criticità davvero difficili da contrastare”.E che necessitano di soluzioni e situazioni di confronto come questo convegno che ha il merito – conclude l’onorevole Antonio Martino – di riunire intorno al tavolo tutti gli attori della filiera”. 


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